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Patrizia Cervone

Ci piace segnalare l'instancabile attiviità del Dott. Ferdinando Schiavo nel tentare di ridurre il "vergognoso" carico farmacologico a cui, troppo spesso, vengono assoggettati ii nostri anziani.

 

Venerdì, 28 Agosto 2015 19:16

Quando andiamo a casa?

MIA MADRE E IL MIO VIAGGIO PER COMPRENDERE L’ALZHEIMER. UN RICORDO ALLA VOLTA.

Michele Farina ha visto sua madre allontanarsi pian piano, inabissarsi fino a divenire quasi irraggiungibile. L’Alzheimer l’ha svuotata “con il cucchiaino dell’uovo alla coque”, portandola via un po’ alla volta ben prima del suo ultimo giorno. Come trovare un senso a un’esperienza del genere? Come superarla? Dopo dieci anni di silenzio, Farina ha deciso di farlo ripercorrendo – grazie al lavoro di giornalista – la propria storia in quella di altri, andando a cercare sua mamma negli occhi di malati sconosciuti. Ne è nata un’inchiesta unica nel suo genere, che descrive l’Italia dell’Alzheimer attraverso le vicende di pazienti, famiglie, operatori, ricercatori, strutture, associazioni. C’è Anna Maria, convinta di trovarsi nella casa di cura per inaugurare un nuovo negozio. C’è Emilio, che dopo quarantatré anni di matrimonio chiede alla moglie Elisa quando si sposeranno. C’è chi si è visto ridurre il vocabolario a due sole parole e chi invece ha una gran voglia di aprirsi e raccontare. Esperienze diverse, che disegnano però un percorso unitario. Il viaggio nel mondo di una patologia sempre più diffusa, complice l’allungarsi della vita, eppure “nascosta”: vissuta come un tabù, con dolore e vergogna, spesso nell’isolamento. Perché l’Alzheimer sembra restare fuori anche dai radar delle istituzioni: il morbo dell’oblio dimenticato dalla società, e per cui ancora non esiste una cura. Il risultato è un libro al tempo stesso potente e delicato, scritto con la grazia appassionata e ricca di empatia di chi ha combattuto da vicino questa piaga troppo a lungo ignorata.

 

In questo volume gli Autori intendono presentare compiutamente un metodo, il Gentlecare, finalizzato alla cura delle persone colpite da demenza attraverso modificazioni sostanziali della relazione con loro e del contesto di vita quotidiana. (Silvia Vitali, Presentazione).

Il testo si apre con un contributo medico(Daniele Villani) che, chiarendo gli aspetti patologici e le incertezze attuali in termini di terapia per la malattia di Alzheimer, pone le premesse per comprendere il valore della ricerca di forme alternative al modello strettamente sanitario.

A questo primo contributo ne seguono diversi, tutte tessere del mosaico finale: un capitolo che dipana e collega tra loro i temi delle medical humanities, della medicina narrativa e del modello protesico (Fabrizio Arrigoni) con l’obiettivo di stimolare la riflessione sulla centralità della persona malata e sulla crucialità della relazione tra curante e curato.

Un secondo (Elena Bortolomiol) in cui si specificano le attività a promozione e a sostegno del benessere della persona colpita da demenza in una visione decisamente “attiva” e non assistenziale.

Un terzo contributo (Laura Lionetti) che punta in modo prioritario all’aspetto delle relazioni, siano quelle poste in atto dagli operatori, siano quelle dei familiari che, a loro volta, necessitano di informazioni, formazione e sostegno. Rispetto, accettazione, visione positiva e globale della persona malata, valorizzazione dei sentimenti ed emozioni: parole chiave messe in luce nel capitolo, accompagnate implicitamente dall’invito a lavorare su di sé per poterle tradurre nella pratica.

La prima parte si chiude con un messaggio di Enzo Angiolini, architetto: la filosofia del Gentlecare che punta a forme protesiche – di aiuto, sostegno, creazione di benessere - per chi ha perso o va perdendo capacità di autonomia, deve guidare l’architettura in quanto scienza ambientale chiamata a rispondere a bisogni non solo di anziani fragili, ammalati, ma a quelli di tutti noi.

La seconda e la terza parte sono costituite da due ampi capitoli strettamente connessi: il primo esamina il funzionamento delle residenze per anziani riprendendo il pensiero sulle istituzioni totali di classici, tra i quali Goffman, Foucault, Miller e Gwanne, per arrivare alla proposta attuabile, non utopistica, di cambiamenti culturali e organizzativi da parte del “corpo curante” (gli operatori tutti) unito nella realizzazione di un “progetto globale di cura” (Fabrizio Arrigoni).

È sui diversi filoni della traduzione pratica del progetto con il metodo Gentlecare che lavora Marco Fumagalli in “Biografia, non solo biologia”. Troviamo una parte dedicata all’importanza della storia/scrittura di vita, una parte che fornisce strumenti appropriati per poterla realizzare con la persona colpita da demenza, ma anche molte pagine dedicate allo spazio quotidiano e ai cambiamenti radicali richiesti a una struttura residenziale per divenire “contesto dotato di senso”. Il lettore è aiutato da una documentazione fotografica che mostra il difficile – e tuttavia possibile - salto di qualità di una residenza che da “deposito” diventa ambiente “protesico”.

 

Alla casa di riposo di Sandrigo ora usano le bambole per curare la demenza senile. Partirà nel settembre prossimo infatti un progetto sperimentale denominato “Terapia della bambola”, che sarà realizzato dall’Ipab “Suor Diodata Bertolo” di Sandrigo in collaborazione con l’esperto di terapie non farmacologiche dr. Ivo Cilesi, per avviare nel nucleo ala ovest al terzo piano una terapia alternativa nei confronti dei 150 ospiti, nei quali sono frequenti il deficit cognitivo e i disturbi del comportamento come l’Alzheimer.

Attraverso la bambola la persona affetta da demenza potrà esternare le proprie emozioni e ricevere stimoli per la relazione interpersonale. Anche nelle fasi avanzate della malattia, dove la capacità di memoria, logiche e verbali sono gravemente ridotte e la persona non riesce ad intrattenere più relazioni stabili ed equilibrate, è l’affettività a dimostrare maggiore tenuta e sulla quale è possibile lavorare.

«Non è un’infantilizzazione – spiega il dr. Cilesi – bensì una validazione della realtà che la persona sta vivendo in quel momento. La bambola viene percepita dal malato non come oggetto, ma come bambino, andando ad attivare le esperienze di attaccamento affettivo, con effetti estremamente positivi sui livelli di benessere della persona. Questo porta ad una diminuzione dei disturbi comportamentali e stimola i processi di memoria, la creatività, il dialogo e la capacità di relazione, permettendo talvolta la diminuzione delle terapie farmacologiche».

Gli studi e le esperienze dirette hanno evidenziato che la Terapia della Bambola consente in particolare di ridurre sensibilmente stati d’ansia e d’agitazione, ricorsi a sedativi, apatia e inattività totale, oltre che il deterioramento di alcune abilità cognitive e motorie. Tra i benefici che si osservano nel rapporto tra la persona con demenza e la bambola c’è anche la stimolazione della memoria procedurale, chiamata in causa nell’esecuzione dei gesti di cura, come la vestizione e le azioni del cullare o dell’alimentare.

«Questa iniziativa – dichiara il presidente dell’Ipab Renato Sperotto – si inserisce nel programma di miglioramento della qualità della degenza e della vita degli ospiti. Un programma di sviluppo che include altre collaborazioni con l’Ulss n. 6, quali l’ospedale di comunità, il reparto riabilitativo e spero prossimamente anche la diagnostica. In più confidiamo entro l’anno corrente di far partire i lavori per la nuova sede di via San Gaetano con un moderno e funzionale ampliamento, prima di cominciare l’opera di recupero e restauro dell’attuale sede».

                                                                                Giordano Dellai

Interessante articolo tratto dal libro "Malati per forza"del Dott. Ferdinando Schiavo.

Vivacità culturale, curiosità e rapporti sociali

Per mantenere efficiente il corpo, viva la memoria (e il resto della cognitività) dei nostri anziani, e non solo degli anziani, è utilissima una vita sociale attiva. Così come per un bambino esiste l’esigenza assoluta di uno stimolo costante affinchè sviluppi le proprie capacità cognitive, altrettanto avviene in un anziano, che si avvii o meno a un decadimento cognitivo. Se non è capace da solo o tramite gli impulsi della sua famiglia, dovremmo intervenire noi che lavoriamo nel campo della salute, creandogli l’opportunità di mantenere e sviluppare relazioni interpersonali, tenere alto il proprio tono dell’umore e anche conservare in attività la mente. Tutti avremmo l’obbligo di impegnarci a contrastare l’epidemia silente della grande solitudine degli anziani poiché la maggior parte di essi conduce uno stile di vita appartato che, spesso, è responsabile del lento declino cognitivo che si traduce in perdita di memoria, in incapacità a proporsi programmi o semplicemente a svolgere alcuni compiti con la stessa abilità e velocità di prima. Gli anziani che si trovano insieme, anche a fare le semplici camminate, una volta cominciato un ciclo, si sosterranno reciprocamente per non interrompere l’hobby, l’esercizio e la sua regolarità.

L’italiana Laura Fratiglioni, direttrice del Gerontological Research Center del Karolinska Instituter di Stoccolma, lavora da tempo con un gruppo di apprezzato di ricercatori del Nord Europa ed ha effettuato nel 2004, fra le tante attività scientifiche, una revisione delle ricerche eseguite sul tema confermando che il livello di attività intellettive e socializzanti, pur se non specifiche, costituisce una forma di prevenzione per lo sviluppo di demenza.
Una popolazione di anziani “attivi”, in breve, ha una probabilità di ammalarsi di demenza ridotta a valori oscillanti fra il 20 e il 50% rispetto a coetanei sedentari e privi di interessi, oppure ne “rimanda”l’inizio dei sintomi di almeno 2 anni. Alle stesse conclusioni sono arrivati, attraverso uno studio su gemelli, il gruppo di Carlson e diversi gruppi di ricercatori.

Interessante articolo della Dott.sa Lucchi sugli Approcci non farmacologici alle Demenze

Scarica l'articolo qui

Giovedì, 02 Luglio 2015 20:46

“Nonni e bambini: Arte e Colore”

Martedì, 26 Maggio 2015 19:13

Ol'boys al "Carrara Show"

Il giorno 30 e 31 maggio saremo presenti al "Carrara Show"di Carrara.
Evento dedicato al gioco in tutte le sue espressioni.
Potete provare alcuni dei nostri giochi presso lo Stand GIONA (Associazione Città in Gioco) padiglione E corsia 38.