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Martedì, 21 Ottobre 2014 22:41

La terapia della bambola sbarca a Cuba

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Il dottor Ivo Cilesi è uno dei massimi esperti in Italia nel settore delle

cure “non convenzionali”: musicoterapia, terapia della bambola,

arteterapia, treno terapeutico. La sua opera è così strategica e

innovativa che è stato invitato al Centro di Neuroscienze de L’Avana

per una serie di incontri.

 

 

 

Da Bergamo ai Caraibi. Fino a Cuba, nella sua capitale, L’Avana.

In valigia tante bambole, alcuni robot-sociali, cd di musica e tanta passione per il suo lavoro.

La stessa che, unita alla sua professionalità, è stata notata dai responsabili sanitari del Centro di Neuroscienze de l’Avana (la più importante istituzione scientifica di Cuba), che recentemente hanno invitato il Dott. Ivo Cilesi per una serie di incontri a carattere medico-scientifico, dove illustrare le terapie non farmacologiche utili nella cura della malattia di Alzheimer. 

 

come mai fino a Cuba?

“Certamente, per un loro interesse a queste tecniche innovative, ma anche perchè già mi conoscevano, per aver partecipato al Congresso Iberico Americano per la cura dell’Alzheimer.

In verità un doppio invito: infatti, l’invito mi stato rivolto sia dal Centro di Neuroscienze de L’Avana sia dal Centro Ambulatoriale “Salvador Allende Hospital”, dedicato proprio a pazienti soggetti alla malattia di Alzheimer”.

Un grande successo professionale per il Dott. Ivo Cilesi, che ormai è un “luminare” in questo campo, consulente per università, centri di ricerca e case di cura, e invitato sempre più spesso a diversi convegni e meeting di settore. Genovese di origine (laureato in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Genova), ma bergamasco di adozione (risiede a Cene), il Dott. Ivo Cilesi ha 54 anni. È pedagogista, psicopedagogista, musicoterapeuta, specializzato in musicoterapia clinica presso il Royal Hospital di Londra. Dapprima, è stato responsabile per l’inserimento di terapie non farmacologiche presso la fondazione“Cardinal Gusmini” di Vertova, poi consulente per lo stesso tipo di terapie presso il Centro Eccellenza Alzheimer dell’Ospedale “Briolini” di Gazzaniga e la “Fondazione S.Maria Ausiliatrice” di Bergamo (il “Gleno”, per intenderci), e ora anche consulente presso la casa di riposo “San Giuseppe” di Gazzaniga, dove ha attivato un ambulatorio per terapie non farmacologiche per i malati di Alzheimer.

La sua tecnica di cura è così innovativa che è anche consulente presso l’Area Alzheimer del “Pio Albergo Trivulvio” di Milano e il Centro Alzheimer di Goteborg, in Svezia.

Una escalation di successi, che lo ha portato ad essere contattato anche dal Ministero della Sanità di Cuba…

 “La visita al Centro di Neuroscienze de L’Avana è stata molto interessante e proficua sia dal punto di vista personale che professionale.La realtà che ho potuto verificare sul campo è di alta professionalità e competenza. Infatti, è risaputo che nel campo medico-scientifico e sociale i centri di ricerca attivi a Cuba sono all’avanguardia, portando avanti ricerche molto interessanti, come il controllo dell’ipertensione, che può essere un fattore che predispone all’insorgere di situazioni degenerative, e lo sviluppo delle terapie non convenzionali e non farmacologiche per la cura di diverse patologie. Durante gli incontri ho potuto constatare la grande disponibilità a sperimentare nuovi studi e ricerche nell’ambito delle terapie non farmacologiche utili nella cura della malattia di Alzheimer.Per la cronaca, a Cuba ci sono circa 130.000 casi di demenza e la maggior parte sono seguiti a domicilio, con una grande attenzione alle famiglie delle persone in cura.Ecco, perché le diverse istituzioni cubane che si occupano di Alzheimer sono attente a innovative terapie non farmacologiche”.  

 Grande curiosità sulla sua “Terapia della Bambola”…

“E’ vero, l’invito era finalizzato ad avere informazioni cliniche e metodologiche relative a questa particolare terapia, che già da anni ho strutturato in Italia e all’estero. I medici cubani sono rimasti entusiasti delle potenzialità della “Terapia della Bambola”, considerata come “terapia non farmacologica flessibile”, attivabile sia a domicilio con una formazione del caregiver sia in ambito residenziale.

Gli incontri hanno portato all’attivazione di interessanti sperimentazioni, che partiranno a L’Avana nei prossimi mesi. Inoltre, verrà attivata una sperimentazione a S.Antonio de los Banos, un piccolo centro vicino a L’Avana. A seguire, tre ricerche: due a L’Avana, presso il “Salvador Allende Hospital”, coordinate dal sottoscritto con il gruppo della Dott.ssa Mayra Carrasco, e una ricerca a S.Antonio de los Banos, con il gruppo Alzheimer Care Center (piccola realtà sociale), coordinata dal sottoscritto e dal gruppo della Dott.ssa Saily Sosa” .

Come si sviluppa il suo lavoro?

“Il mio è un lavoro di ricerca di nuove terapie non farmacologiche, strategie di cura “non convenzionali”, come musicoterapia, terapia della bambola, arte terapia. Negli ultimi anni ho avuto importanti e chiari riconoscimenti di validità ed efficacia dal mondo accademico e scientifico.

Ciò mi lusinga e mi sprona a continuare con decisione.

Da alcuni anni, poi, mi occupo di formazione di operatori che prestano i loro servizi in Strutture Socio Assistenziali e Sanitarie, per migliorare le loro relazione d’aiuto ai malati”.

                     

Quali sono i vantaggi delle cure non farmacologiche?

Permettono sicuramente una regolazione e, in alcuni casi, un decremento del dosaggio di farmaci.

Di contro, ed è l’aspetto più interessante, favoriscono una stimolazione delle residue capacità cognitive dei pazienti, come ad esempio i processi della memoria. Inoltre, queste terapie coinvolgono anche l’ambiente in cui vive il paziente, che peraltro ha una forte incidenza per la gestione degli stessi disturbi cognitivi e comportamentali.

E ora ci spieghi meglio cos’è la “Terapia della Bambola”…

E’ una nuova terapia non farmacologica, da me ideata e strutturata: all’interno della relazione, la bambola diviene utile per la diminuzione di importanti disturbi del comportamento, come ad esempio agitazione, ansia, depressione, movimenti continui non finalizzati, disturbi del sonno ed altri.

L’efficacia di questa terapia è collegata anche ad un distacco della realtà del paziente affetto da Alzheimer.

Questo distacco si evidenzia in modo importante nella fase medio-grave della malattia.

La bambola, quindi, viene riconosciuta come bambino vero e il paziente attiva dei processi di accudimento e di maternage che vanno a favorire nella persona dinamiche di rilassamento e di benessere migliorando la sua qualità di vita”.

 

Da oggetto di gioco, la bambola diventa terapia…

Hanno capelli sbarazzini, la pelle morbida, gli occhi grandi e gentili: sono le bambole che salvano la giornata (“dolls save the day”).

Rappresentano l’oggetto simbolico di una terapia complementare che punta a ricreare un legame forte ed emozionale con la persona anziana che ha perso il tempo e la memoria.

E’ stata la terapeuta svedese Britt-Marie Egedius-Jakobsson a creare per prima questa terapia: era indirizzata al figlio malato, ma poi ha scoperto che queste bellissime e particolarissime bambole potevano aiutare molti altri bimbi e riuscivano a favorire l’espressione di emozioni e pensieri anche nei malati di Alzheimer che, cullandole e abbracciandole, riprovavano a sentirsi utili e a prendersi cura di qualcuno. Io introduco la “Doll Therapy” (così si chiama la “terapia di sostegno”) nei vari nuclei Alzheimer in cui opero, come momento terapeutico alternativo, affiancato ai trattamenti tradizionali. Infatti, oltre alla “Doll-therapy”, ecco la “Pet-Therapy”  o anche momenti dedicati alla musica, al colore e alle attività manuali per realizzare un mosaico o tessere una stoffa al telaio”.

Ma altre sono le terapie non convenzionali che sta portando avanti… “Certo, da tempo ho messo in atto una nuova terapia ambientale, il “Treno terapeutico”. Si tratta di uno “spazio di viaggio”, lo scompartimento del treno, ma anche un settore di un autobus, attentamente calibrato nelle sue componenti estetiche e dimensionali, attraverso uno specifico studio dei colori e dei suoni. Uno spazio, un luogo di viaggio, dove le persone affette da demenza viaggiano, e questo viaggio virtuale, ma spesso reale, produce benessere e tranquillità per queste persone.

Può in alcuni casi favorire l’attivazione di ricordi e di memorie e favorire quindi il dialogo e la relazione. Inoltre, propongo musicoterapia ambientale, cioè ascolti terapeutici, in modo da favorire l’orientamento temporale e cadenzare i diversi tempi della giornata; e musico-terapia clinica, uno strumento importante nel riordino e nella ricostruzione del pensiero, della percezione e della affettività, prezioso soprattutto sul piano del sostegno psicologico.

Ma altri sono i suoi studi…

Per esempio, l’utilizzo di “robot sociali”. Riguarda l’inserimento, nei percorsi di cura delle persone affette da demenza (lo sto attivando presso la “Fondazione S.Maria Ausiliatrice” di Bergamo), di un “robot sociale” (social robot): si chiama “Paro”, è una foca-robot che stimola la persona ad attivare un processo di relazione e di interazione sociale.

La terapia con la “foca-robot” è innovativa e nasce dalla collaborazione con l’Università di Robotica di Tokyo, in sinergia con l’Università di Siena.

Queste e altre terapie non farmacologiche sono estremamente importanti, perché favoriscono la riduzione del carico farmacologico che, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia di Alzheimer, accelera il processo di decadimento cognitivo nel paziente.                 

                                                                                                                                                                                                     

 Articolo tratto dalla rivista "BergaMé" La Bergamo Curiosa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Letto 7940 volte Ultima modifica il Mercoledì, 22 Ottobre 2014 21:23

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